Quando la pelle viene forata da migliaia di aghi in pochi secondi durante la realizzazione di un tatuaggio, ciò che resta affascinante è la capacità dei pigmenti di mantenersi immobili, senza sfaldarsi o spostarsi nel tempo. A garantire questa stabilità è una specifica interazione tra l’inchiostro e le difese del nostro organismo, in particolare grazie all’azione di cellule chiamate macrofagi. Questi ultimi, incaricati di rimuovere materiali estranei, inglobano tuttavia i pigmenti colorati senza riuscire a smaltirli del tutto, trattenendoli così in modo duraturo nella pelle.
La riuscita del tatuaggio dipende anche dalla profondità esatta in cui l’inchiostro viene depositato. Chi si avvicina al mondo del tatuaggio spesso non considera che, se l’inchiostro resta troppo in superficie, sarà eliminato rapidamente con il ricambio cellulare; se invece penetra troppo a fondo, il disegno perde nitidezza e colore. In queste righe si analizzeranno i meccanismi biologici e fisici dietro questo processo, spiegando perché la precisione nel gesto sia fondamentale per un effetto duraturo e definito.
Come funziona la tecnica del tatuaggio
Realizzare un tatuaggio significa utilizzare una macchina, detta comunemente “macchinetta”, che muove uno o più aghi verticalmente a velocità elevata. Sono diverse le tipologie di macchinette, da quelle tradizionali a fili fino alle versioni più moderne wireless a batteria, che somigliano a una penna e sono apprezzate per la comodità. In alternativa, esiste la tecnica manuale “handpoked”, che impiega un singolo ago mosso a mano. Questo ago, prima immerso nell’inchiostro, punge la pelle creando microscopiche ferite nelle quali viene rilasciato il pigmento.
In un solo minuto, la quantità di punture può variare fra 50 e 3.000, a seconda del risultato voluto e della configurazione o numero degli aghi impiegati. La forma e lo spessore degli aghi determinano diverse finiture: più aghi sottili consentono linee precise, mentre gruppi più ampi permettono di coprire zone con tratti più spessi o campiture uniformi. Un elemento cruciale, ma spesso poco considerato, è la profondità di penetrazione: i vari strati cutanei hanno caratteristiche differenti che influiscono sulla tenuta del tatuaggio.
La pelle si compone di epidermide, derma e ipoderma, con spessori variabili a seconda dell’area del corpo. Ad esempio, l’epidermide è sottilissima intorno agli occhi, mentre può essere più spessa nelle piante dei piedi. Se il pigmento si deposita solo nell’epidermide, viene eliminato in brevissimo tempo con lo smaltimento delle cellule morte, che avviene costantemente. Sono questi meccanismi a spiegare perché tatuaggi su mani o piedi tendono a sbiadire prima rispetto ad altre zone.

Il ruolo fondamentale del derma e dei macrofagi
La zona ideale per l’inserimento dell’inchiostro è il derma, strato sottostante all’epidermide. Il derma presenta il giusto compromesso tra visibilità del pigmento e durata nel tempo, essendo meno soggetto al ricambio cellulare veloce propri dell’epidermide. Il suo spessore varia a seconda delle parti del corpo, risultando più consistente nel palmo delle mani e più sottile nelle palpebre.
Una volta che l’inchiostro viene depositato nel derma, il sistema immunitario entra in azione. Vengono richiamate cellule specializzate, note come macrofagi, deputate alla rimozione di corpi estranei. Queste cellule tuttavia non riescono a degradare completamente i pigmenti, poiché sono spesso materiali sintetici o inorganici non riconosciuti dal corpo. Così, inglobano il colore senza distruggerlo, trattenendolo nel proprio interno.
Il motivo per cui il tatuaggio appare permanente è proprio questo processo: i macrofagi restano nell’epidermide con l’inchiostro intrappolato, e quando muoiono rilasciano il pigmento, che viene prontamente assorbito da altre cellule simili. Questo continuo ricambio cellulare tutela la stabilità dell’immagine, anche se con l’età e l’esposizione a fattori esterni come il sole, un leggero sbiadimento è inevitabile.
A questo proposito, è importante ricordare l’utilità della protezione solare specifica per la pelle tatuata. Senza filtri adeguati, i raggi UV possono accelerare la degradazione dell’inchiostro e compromettere la definizione del disegno. Nelle regioni italiane più soleggiate questa attenzione diventa ancor più cruciale, poiché le radiazioni sono più intense e si prolungano per molti mesi ogni anno.
Parallelamente, la ricerca scientifica continua a indagare le dinamiche tra pigmenti e sistema immunitario, valutando potenziali implicazioni nella risposta immunitaria generale e nei rapporti con vaccini o allergie. Questi studi rappresentano un campo in evoluzione che interessa sia chi sceglie di tatuarsi sia il mondo medico, poiché approfondiscono la relazione complessa tra il corpo umano e gli stimoli esterni di lungo termine.
