Nel cuore dell’Oceano Pacifico Occidentale, in un angolo isolato dell’arcipelago di Palau, si trova un lago che ogni anno richiama l’attenzione di biologi e viaggiatori per le sue incredibili caratteristiche. Il Jellyfish Lake ospita una popolazione di meduse dorate, famose perché nuotare tra di loro non comporta il rischio di subire punture dolorose. Questo fenomeno è il risultato di un adattamento evolutivo singolare, reso possibile dall’isolamento geografico e dalla totale assenza di predatori nei suoi limiti naturali.
Il lago si estende sull’isola di Eil Malk, un rilievo di roccia calcarea emerso dal mare molto tempo fa. È un lago salato separato dall’oceano da barriere rocciose quasi impenetrabili e collegato soltanto tramite canali sotterranei. Come ambiente unico, il Jellyfish Lake presenta una struttura stratificata: acqua ricca di ossigeno negli strati superficiali e un profondo banco di acqua privo di ossigeno, contenente elevati livelli di idrogeno solforato, una sostanza tossica. Questa separazione naturale definisce due diversi habitat, entrambi con caratteristiche e forme di vita particolari.
Un ecosistema diviso in due mondi
Il Jellyfish Lake si distingue per la sua particolare stratificazione. Nelle prime decine di metri, l’acqua è trasparente e ricca di batteri, meduse e plancton che svolgono attività fotosintetica. Scendendo oltre i 15 metri si entra in una zona completamente diversa, dominata da un ambiente anossico in cui regnano gas tossici. Tra queste due zone si colloca uno strato di batteri viola, capaci di realizzare una forma speciale di fotosintesi grazie all’uso dei solfuri invece che dell’ossigeno, un processo piuttosto raro e di grande interesse per gli scienziati.

La concentrazione microbica nelle acque superiori è straordinaria: si superano spesso i milioni di batteri per millilitro, un valore che supera le densità osservate nelle barriere coralline vicine. Tuttavia, nonostante questa ricchezza, l’ecosistema è estremamente delicato e sensibile agli interventi umani. È vietato l’uso di bombole subacquee per immersioni profonde, proprio per evitare di alterare l’equilibrio chimico e biologico del lago. Chi vive in città lo nota ogni giorno: l’integrità di ambienti come questo è più fragile di quanto possa sembrare.
Le meduse e il loro adattamento assolutamente singolare
Le meduse del Jellyfish Lake appartengono a una sottospecie chiamata Mastigias papua etpisoni, che ha sviluppato una stretta collaborazione con alghe microscopiche, le zooxantelle, presenti all’interno dei loro tessuti. Queste alghe compiono fotosintesi e forniscono nutrimento alle meduse, che a loro volta si muovono seguendo la luce solare in una migrazione giornaliera di circa un chilometro orizzontalmente. Di notte, invece, le meduse si spostano verticalmente per assorbire azoto, una sostanza essenziale per la crescita delle alghe.
Le stime più recenti indicano una popolazione totale che supera i sette milioni di meduse; all’interno di questo numero si distinguono circa due o tre milioni di esemplari di dimensioni più grandi. Questi dati sono stati confermati attraverso l’uso di un robot dotato di sonar, capace di svolgere le rilevazioni senza compromettere la fauna delicata. È interessante notare che durante fenomeni climatici come El Niño, registrati alla fine degli anni ’90, la popolazione di meduse è drasticamente diminuita. Tuttavia, la presenza di polipi sul fondo ha permesso una rapida ripresa, dimostrando la resilienza di questo ecosistema particolare.
Cellule urticanti presenti ma puntura praticamente invisibile
La fama delle “meduse che non pungono” è in parte vera, ma richiede una precisazione. Le meduse del lago posseggono ancora cellule urticanti, chiamate nematocisti, che usano per catturare piccoli crostacei come i copepodi. Tuttavia, la loro capacità di iniettare un veleno doloroso è fortemente diminuita, rendendo la puntura quasi impercettibile per gli esseri umani. Questo adattamento si spiega con l’isolamento del lago e l’assenza totale di predatori, fenomeno confermato anche da confronti con popolazioni simili in altri ambienti.
Un caso simile si trova nel lago di Kakaban, in Indonesia, dove le meduse hanno sviluppato un livello ancora maggiore di adattamento: le loro cellule urticanti sono ridotte all’essenziale e inefficaci anche per la cattura delle prede, non provocando alcuna reazione nell’uomo. Queste osservazioni dimostrano come in ecosistemi chiusi e privi di minacce naturali la perdita totale della capacità di pungere possa avvenire, anche se è un processo piuttosto raro.
Un dettaglio spesso trascurato riguarda i rimedi per le eventuali punture: contrariamente a vecchie credenze popolari, la pipì non è efficace. È invece consigliabile l’uso di acqua di mare per alleviare irritazioni o fastidi. Questa informazione, semplice ma importante, è fondamentale soprattutto per chi si avventura in ambienti marini diversi dai soliti, dove la conoscenza delle pratiche corrette può fare la differenza.
